Una piccola nota di benvenuto

Cosa è un Giardino Filosofico? L'abbiamo immaginato come un luogo di incontro tra amici, in cui la filosofia è a casa. E' un poco epicureo, non sale verso le meteore, scende in terra tra le persone, appunto, in un piccolo giardino, a fare filosofia dove normalmente viviamo. L'Inventificio Poetico è, ispirandosi a Pietro M. Toesca, lo spazio delle invenzioni, quelle che rendono sensato vivere. Per sapere che al mondo il bene supera il male basta dire che siamo ancora vivi, altrimenti non saremmo più qui. Insomma, cerchiamo di alimentare questa differenza, in ciò consiste l'utopia del Giardino Filosofico e Inventificio Poetico, il cui sottotitolo è: "Volgere liberi gli occhi altrove".


lunedì 28 gennaio 2013

Ricevo e pubblico di Davide Donadio un commento sulla mia raccolta di poesie intitolata: 'Rivelazioni'

Caro Franco,

come promesso ti mando alcune mie impressioni a proposito del tuo volume di poesie “Rivelazioni”. Ammetto che quanto hai detto (“potrei pubblicarle sul mio blog”) mi potrà influenzare in quello che sto per scriverti, almeno nello sforzo di una correttezza grammaticale e di una forma meno sciatta di quanto di solito si fa in queste e-mail; vorrei comunque riportarti impressioni, diciamo così, genuine, non filtrate da pretestuosi tentativi di lettura critica.


Ti dico subito che la prima parte, “L'immagine allo specchio: la scoperta del mondo e delle parole”, mi sembra la migliore. La tua rimane una poesia spesso concettuale (deformazione comprensibile del filosofo), persino quando il tema è quello eros/carne. Ma sai perfettamente che quando la poesia si fa concettuale in modo preponderante, il pericolo per il lettore è quello di focalizzarsi su un'estetica di suoni, mancando un sicuro appoggio o riferimenti interpretativi che magari l'autore dava per scontati.
Tuttavia, anche la tua poesia diventa qualche volta narrazione. Penso, per fare qualche esempio, a “Neve” (p. 28), dove l'immagine tanto semplice della neve che cade sopra “strade di silenzio” parla più di mille iperboli verbali che abbiano per oggetto la solitudine dell'esistenza. O ancora in “Ostia” (p.43), dove racconti, qui pure in un paesaggio invernale, di vagabondaggi “dentro osterie di vino”, fino alla consolante chiusura tra le “forme di donna”.

Questa della poesia-narrazione, però, è parte meno sviluppata nel tuo libro, a vantaggio dei concetti.
Ma il poeta, lo sappiamo, non è un ingenuo (almeno non nel tuo caso). E anche tu ti rendi perfettamente conto del pericolo di incomprensione in cui si imbatte chi vuole trovare perfette corrispondenze tra mondo e sua descrizione verbale. Penso a “Parole” (p. 29), dove ammetti la complessità delle parole, appunto, che si dispongono “discinte a grappoli […] disciolte in scabre voragini […] diatonie di suoni...” e così via.
Qualche volta dai l'idea addirittura che del mondo ti interessi meno di quanto ci hai fatto credere, che ti basti il gioco delle parole; forse per questo in “Succedono” (p. 77) parli di versi sospesi sul niente.

Il nostro comune amico, Marco Ruini, mi dice che trova in qualche modo migliori i tuoi ultimi lavori poetici (quelli, per intenderci, che si preparano per la pubblicazione con l'editore di Trento).

Io ho imparato che maturità del poeta e bellezza della poesia non vanno necessariamente di pari passo, e non credo in evoluzioni in versi nei lavori di un autore. Ma sospendo il giudizio fino alla alla lettura del tuo nuovo libro.
Dovrai pagare lo scotto di queste poche righe che ti scrivo, caro Franco! Potresti farlo attraverso due vie. La prima potrebbe essere quella di leggere un volumetto di poesie dello scrittore mantovano Adriano Amati (che ti ho fugacemente presentato una sera, a Reggio Emilia, non so se ricordi), breve raccolta che io ritengo decisamente interessante, nutrendone forse più considerazione io dello stesso autore, visto che non ne parla mai molto rispetto ad altri suoi lavori. Questo suggerimento di lettura risponde anche ad un dovere morale: obbligare voi poeti narcisi a confrontarvi gli uni con gli altri!

La seconda via è il prevedibile dono che ti farò in un futuro non troppo lontano di un mio volumetto, forse l'ultimo che ho scritto (tipografia permettendo).

Un caro saluto.

Davide Donadio - La Clessidra Editrice

P.S. 
Ho dimenticato di esprimere un parere più preciso che (pensavo trasparisse chiaro) ovviamente è positivo, le tue poesie mi sono piaciute. Penso che una lettura più attenta, valorizzi di un'opera più del semplice "mi piace" o "non mi piace".

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