Presentazione dei primi tre libri della collana poetica Anemos, edizioni New Magazine |
Il 1°
settembre c'è stata la Festa Cantiere per l'autofinanziamento del
Giardino filosofico. Al termine della giornata abbiamo chiacchierato
con i partecipanti, il giorno dopo ci sono arrivate telefonate e
messaggi: tutto esprimeva entusiasmo e calore per l’evento
trascorso. Cosa proponeva di così importante il piccolo giardino di
casa nostra da rendere la giornata di domenica un evento?
Alcune condizioni lo hanno reso possibile. L'ambiente in cui si è
svolto, sicuramente: il prato, il bosco, i muri in sasso della bella
casa quattrocentesca. E poi, l’artificio. Ma un artificio non
casuale: un artificio guidato dalla filia
con gli artisti e gli intervenuti.
Le
sculture di Elio Talon, a delimitare la spianata dove si sono svolti
i vari eventi, hanno creato una cornice potente agli incontri. Così,
chi saliva passava lungo un percorso che stagliava sullo sfondo del
cielo forme di donne-angelo, lunghe e affusolate, trascendenti. Sui
tronchi degli alberi, i quadri di Angelo Rambaldi accompagnati dalle
poesie di Franco Insalaco mostravano la sintonia in cui artificio e
natura sono complementari. Le pitture di Marco Ruini cingevano il
Giardino Gotico, proprio a chiudere lo spazio degli eventi. Più
oltre, il bosco. Ad accogliere i visitatori, all’ingresso, i quadri
di Lorenzo Barani e i dinamici gruppi scultorei di Luciano Leonesi,
insieme ai drappi di Angelo collocati in alto sulle finestre di casa.
Tutto, il giardino e il bosco, magicamente avvolto nelle scenografie
di Silvia Cocci Griffoni e nelle sue invenzioni fantastiche. Insomma,
una forte componente creativa era già lì ad accompagnare le
attività proposte nella giornata.
Sabina
Macchiavelli fa gli onori di casa, introduce gli interventi. Franco
racconta del Giardino filosofico. Le iniziative partono con la
presentazione della collana poetica curata da Fosca Andraghetti. La
collana, proposta da Marco Ruini, ha un carattere politicamente
importante. Un editore che decide di finanziare libri di poesia di
autori sconosciuti è da considerare matto oppure illuminato. Le due
cose non coincidono. Si va controcorrente confronto alla normalità
delle case editrici che non sanno fare il loro mestiere. Dicono che
il pubblico dei lettori è indifferente e non legge poesia, a meno
che non si tratti di autori noti, così le pubblicazioni le lasciano
al caso, cioè ai soldi dei sedicenti poeti. Insomma, un disastro.
Nel nostro caso c'è un signore che scommette sulla cultura, e in
particolare sulla poesia, dando voce a chi non ha fama, pubblicandolo
senza alcun contributo. Ciò che Ruini ha iniziato è proprio una
pratica di tipo politico. Claudio Bedocchi, Franco Insalaco e Marco
Ruini stesso hanno quindi letto dalle rispettive raccolte alcune
poesie. Così, ci pare, è da cercare in questa direzione la chiave
della giornata. Ogni intervento è calibrato proprio politicamente e
poeticamente. Per politica non intendiamo il gioco partitico, bensì
il modo di appropriarsi dello spazio e strutturarlo per dare
compimento al nostro sentire. Un sentire che abbiamo nella carne,
nascosto, impedito, monco, oppresso, ma che quando esce esprime quel
carattere magico che i convenuti hanno avvertito.
Una
festa cantiere
perché si tratta di aprire nuove relazioni, nuove possibilità,
anche lavorative. Un titolo che racchiude un ossimoro, cioè festa e
lavoro insieme. Ecco, il lavoro dovrebbe sempre essere una festa.
Bisogna uscire da quell'ossimoro. Perché accada, dobbiamo
reinventare il lavoro e il suo significato, il suo concetto. E questo
è un altro aspetto politico. Dopo la lettura poetica
siamo scesi nella Taverna Filosofica, dove Gabriele Veggetti ha
presentato tre documentari, di cui uno suo, sul libro-graffito inciso
sulle pareti del cortile del manicomio di Volterra da un internato,
Oreste Fernando Nannetti. L'opera, considerata tra le maggiori di
'Outsider art' o 'Art brut', testimonia che l'immaginazione trova
modo di esprimersi anche all'interno di una istituzione totale.
L'immaginazione è più forte. Forse ha ragione Fellini, bisogna che
ci sia un impedimento perché si inventi qualcosa. (Va bene un
impedimento, ma non troppi!)
Il
pranzo è stato ricco e conviviale, e soprattutto condiviso. Poi, nel
Giardino delle Sette Fatiche, abbiamo assistito allo spettacolo di
Barbara Baldini che, come sempre, ha rallegrato con lazzi, botti,
fischi e lampi l'intera compagnia. E come poteva Lorenzo Barani
presentare “San Peregrino” dopo la comicità surreale di Barbara?
Cosa dire che non appesantisse? Lorenzo è riuscito magistralmente a
mantenere un piano divertente anche nel suo intervento filosofico,
contaminando l'immaginazione e la ragione con i racconti del Santo
nella sua nuova veste digitale. Infine, Roberto Menabò e la sua virtuosa chitarra blues hanno fatto sognare, chiudendo con emozione
la bella giornata tra le metafisiche presenze delle opere d’arte.
Il
contributo raccolto per l'Associazione culturale Giardino filosofico
e inventificio poetico è stato di 385 euro; 40 i soci iscritti.
Grazie
a tutti: ai partecipanti e agli amici che ci hanno donato la loro
arte.
Franco Insalaco e Sabina
Macchiavelli
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'L'ultimo comizio'. Luciano Leonesi |
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Particolare da 'Lultimo comizio'. Luciano Leonesi |
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opera di Angelo Rambaldi |
Presentazione collana poesie Anemos: Marco Ruini![]() |
Sulla cresta dell'onda e ancora non affonda. Barbara Baldini |
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Barbara Baldini |
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Lorenzo Barani presenta il libro 'San Peregrino' uscito in formato digitale |
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'Utopie' di Angelo Rambaldi |
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Sculture di Elio Talon |
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'Utopie' di Angelo Rambaldi |
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Scultura di Elio Talon |
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Scenografia di Silvia Cocci Griffoni |
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Scenografia di Silvia Cocci Grifoni |
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Roberto Menabò |
Il documentario di Gabriele Veggetti è visibile al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=rgpM15Dy3Ik
Per acquistare 'San Peregrino' di Lorenzo Barani:
http://www.amazon.it/san-pellegrino-lorenzo-barani/s?ie=UTF8&page=1&rh=i%3Aaps%2Ck%3Asan%20pellegrino%20lorenzo%20barani
Per acquistare i dischi di Roberto Menabò; http://www.robertomenabo.it/
Per acquistare tutte e tre o una delle raccolte della collana Anemos di poesia, 8 € ciascuna, scrivere a: insalaco@logico.it
La presentazione delle pitture di Angelo Rambaldi intitolate 'Utopie' e le poesie che mi hanno ispirato sono qui sotto.
Utopie.
Angelo ha dato ai dipinti in mostra il
nome di 'utopie'. Come mai richiama uno spazio inesistente per il suo
percorso espressivo? Abbiamo intrapreso un confronto sul senso che ha
questa parola sotto il profilo filosofico, proprio per capire se è
attinente al suo lavoro artistico. Cosa è l'utopia? Questa
sostanzialmente la domanda guida. Alcune mie poesie accompagnano i
suoi quadri e insieme formano una sorta di caravanserraglio.
Rappresentati vi sono in entrambi i mondi oggetti quotidiani nascosti
tra forme elaborate al computer. Forme reiterabili, ripetitive. Forme
seriali. Perché tutto è sempre più replicabile, compresa l'arte.
Andy Wharol lo ha mostrato. L'aura in questo passaggio, determinato
secondo Benjamin soprattutto dall'industria cinematografica,
collassa, implode, non c'è più. Perdita che implica un contro
effetto. Si guadagna che l'arte diventata riproducibile, può essere
diffusa e raggiungere tutti. L'arte di Angelo è allora un esito di
questa inclinazione seriale. Perché il modello è replicabile tante
volte e in dimensioni varie. Ogni volta riempito con forme e colori
che saranno dettati dall'artista nel momento in cui crea. Ma cosa
esprime l'arte che così Angelo va a produrre? Una icona. Una icona
dell'arte che non c'è più, ma alla quale occhieggia. Come l'icona
parla di dio attraverso il figlio, così l'arte di Angelo indica le
opere di un tempo senza rimando concreto, in modo invisibile, agisce
nello stesso modo con cui quell'arte estraeva dal mondo ciò che era
invisibile alla maggioranza degli uomini e delle donne. E' un
dialogo invisibile che tesse l'icona che Angelo crea. Un dialogo con
l'arte passata e la realtà attuale. Tra passato, presente e futuro
si colloca il suo tempo. Un tempo che guarda avanti guardando
indietro. Questo spazio atemporale (come fai a guardare avanti e
indietro contemporaneamente?) si colloca sul filo della
rappresentazione che inizia proprio dallo sguardo che l'opera
racchiude in sé. Diventa, insomma, la porta carraia di Nietzsche. Lì
Zarathustra incontra tra passato e futuro, sotto la porta, l'attimo.
Questo doppio sguardo dell'artista si pone nell'opera simultaneamente
verso il passato e il futuro; così, racchiuso dalle forme che
dilatano il senso, vi troviamo il sacro e dorato tempo religioso.
Santi decaduti già affetti dalla bestialità, alla Bosch. Collasso
che prelude alla violenza che il sacro veicola se si presenta
l'indifferenziato, come teorizza Girard.
Oggi questa contaminazione delle specie
è stata redenta dalla scienza: eppure, nella materia inorganica si
cerca un altro tipo di confusione. Una affezione con ciò che non è
vivo. Si passa dalla bestialità, all'inorganicità. Il nuovo mondo è
permeato di meccanismi che promettono ogni aiuto possibile ai corpi.
Corpi contaminati da prolungamenti tecnologici a loro potenziamento e
distruzione. L'icona di Angelo guarda a questa caduta, intarsiando
nelle forme animali telecomandi, bottoni, oggetti inanimati e
tecnologici che sono la promessa del nostro infernale paradiso.
Allora, utopie o distopie? Nel rappresentare la distopia Angelo
trova una via d'uscita alla oppressione cui siamo sottoposti, proprio
attraverso l'immaginazione. Con l'uscita dalla passiva dimensione a
cui siamo destinati resiste alla tristezza del mondo attuale aprendo
l'anima al gaudio. La potenza è determinata da un atto creativo che
amplia l'anima e ci fa godere della vita. Non costa niente. Non è da
produrre esternamente. E' il risultato semplice di una disposizione
interna, accessibile a tutti coloro che lo desiderano. Impiegando
niente altro che la propria energia a incrementare forza, potenza,
espressività. Una debole utopia, alla Benjamin, situata
nell'orizzonte della nostra vita, non in quello storico, si esprime
creando opere 'minori' nel senso deleuziano. Cioè, esterne alle
logiche produttive dell'industria culturale.
I°)
Foglie dorate antiche
come immagini sante brillano
di un'aura velata nel tempo
reale rese eterne
da rigide tonde cornici.
Icone passate sotto sguardi
impressi dalla memoria, luce
invisibile di giorno abbagliando
tutto del suo fulgore.
II°)
Nascoste forme tratte da spazi
ordinari, quasi quotidiani,
note incomprensibili
fuori dalla nostra vita. Tutta
ne è circondata dalla normale
laboriosità, ne esce riflessa
in frammenti brillanti
la sua invisibilità.
III°)
Sono tante e ribelli le varie
stesse dimensioni
tra tanti colori, ma senza
mostrano la serialità
della neo virtuale realtà.
Ripetizioni nella tela,
copie dell'essere che sono.
IV°)
Pesci, pelli, meccanismi
inutili orpelli
delle nostre faticose
giornate.
Ne siamo adescati, ormai,
più non ne facciamo a meno.
Intrappolati ne siamo,
intrappolarle vogliamo.
V°)
Sfiamma nell'oscurità la tela.
Cade la classe, cade il concetto,
collassa tutto in questo bordello.
Siamo quel disordine interno
che occhieggia dietro il tondo
e ci guarda come ciò che
rinvia al fuoco eterno.
VI°)
Ai minimi esigui spostamenti
corrisponde la danza
che segue il morbido bordo
impresso dalle pennellate
fino all'essenza contenuta
nel suo preciso bighellonare.
Dietro la serialità nascosta
linea dopo linea, l'utopia
è che la verità diffusa
in questa virtualità
dai movimenti crea a poco
a poco un di più, sempre.
VII°)
Impresso un di più apre
e somma respiro su respiro,
anima su anima, forza
ed energia, così va
l'utopia per il mondo
sempre uguale dell'essere
seriale e della ripetizione.
Ricopia il movimento primo,
quello della creazione.
VIII°)
Ricordano topi meccanici
alcune figure di Angelo.
Muffi avrebbe giocato con loro
correndo di lato al trotto
ma appena accennato, come
certi Cowboy hollywoodiani.
Avrebbe storto la bocca
al sapore d'olio degli ori,
non era come Van Gogh
abituato a metabolizzarli.
Pure spesso di terra
ne mangiava, per qualche
segreto motivo che non sa
né noi comprendiamo.
Franco Insalaco
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