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Freud, Introduzione alla psicoanalisi
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Luce
Irigaray in Speculum decostruisce il pensiero maschile a partire
dalla psicoanalisi freudiana. In particolare si sofferma ad
analizzare nella Introduzione
alla psicoanalisi
di Freud il paragrafo che riguarda la femminilità. Luce contesta
quello che pensa Freud, cioè che l'unica energia, che è poi quella
sessuale, la libido, sia neutra, cioè maschile. Affermazione in
diretta continuità con il pensiero aristotelico, chi c'era la volta scorsa sa perché. Chi non c'era può leggere il XXXIII incontro nel blog.
Questo meccanismo energetico produce periodicamente
accumulazioni, saturazioni e scariche e tenta poi di tornare alla
omeostasi. Ma fallisce perché l'energia messa in campo non ritorna
mai in equilibrio, non diventa stabile. Perché è energia che non
potrà mai essere interamente mediata. La mediazione nella dialettica
dell'idealismo avviene tra l'in sé e il per sé. L'in sé è ciò
che, non essendo concetto, è esterno alla coscienza, il per sé è il
suo concetto, nella coscienza, e corrisponde alla comprensione che
abbiamo dell'oggetto. Già la tecnica prodotta dall'uomo è spesso
fuori controllo. L'uomo crea un per sé che poi gli sfugge, una
tecnologia che non sa dominare completamente. La techne sfugge al suo
concetto e diventa un in sé a tutti gli effetti. Insomma, il dominio
che l'idealismo di Hegel progetta con lo Spirito Assoluto è per la
Irigaray impossibile. L'uomo ha creduto di poter dominare la natura
ma non riesce neanche ad essere padrone della tecnica che produce. Il
negativo allora deve essere ripreso come limite e non, come accade
nell'idealismo, quale motore di tutto il processo, cioè in positivo.
Il motivo è semplice, il negativo non può acquisire ciò che gli
manca. Insomma, la dialettica negativa dei francofortesi è
all'orizzonte. Ma l'autrice va ancora oltre, la duplica. Confronto a
Hegel non è più una negatività disponibile per l'uomo secondo
necessità, quindi in positivo. Secondo i Francofortesi nel modo
negativo il negativo non deve essere pensato come lavoro per la
sintesi, non serve a integrare l'altro al medesimo, è, invece,
proprio il limite che l'uomo trova a sbarrargli la strada verso la
conoscenza dell'oggetto. Così, già qui l'altro irriducibile,
incomprensibile, riapre il dialogo verso una comunicazione più
autentica. Ma Luce va oltre, perché attua uno sdoppiamento
identitario. Giungere a questo risultato, lo abbiamo visto, richiede
mutazioni del diritto, del linguaggio e dei processi simbolici.
Altrimenti il nostro pensiero rimane paralizzato e incapace di
pensare l'altro. L'altro per noi è sempre nella traiettoria del
medesimo. Ciò provoca la paralisi del pensiero. Sogniamo l'altro
privandolo di realtà e di contenuto. Ciò ha determinato una etica
privata, sia nel senso di priva che nel senso di non pubblica,
dell'altro. Perché il soggetto non stabilisce un piano negativo del
limite, ma un piano negativo dimensionale. L'altro è più o meno
povero, intelligente, furbo di me. L'invidia del pene descrive bene
come il processo psicoanalitico sia interno a questa logica. La
misura inizia a partire dal maschio, bianco, europeo, esso è metro e
confronto con cui l'altro viene catturato. Ma chi è questo soggetto
che si pone in tale posizione di vantaggio al punto da essere misura
di tutto? Quale sogno o incubo lascia il soggetto egemone e privo di
una vera alterità? Una risposta è che la dialettica è a una
dimensione anziché a due, cioè, non è tra un uomo e una donna, tra
il maschile e il femminile, è omosessuata. Una dialettica duplice in
cui il medesimo/a sono posti in relazione con l'altro/a diventa
eteronoma. Foucault propone l'eteronomia come una qualità incapace
di giungere alla sintesi, per fare questo è però necessario trovare
strategie sfuggenti all'idealismo. Anche per Luce Irigaray dobbiamo
inventarci un modo per uscire dal medesimo. Un modo è questo: la
filosofia e il pensiero devono tenere conto della negatività
determinata dal limite non misurabile del genere sessuale. Se questo
limite c'è, ed è riconoscibile nella sessualità, allora la
dialettica si duplica. Il dialogo è multiplo. Maschio maschio,
femmina femmina, maschio femmina, femmina maschio. Questo vuol dire
che la relazione non è più biunivoca ma molteplice. La gabbia del
linguaggio indicata dalla Cavarero in questo caso si riapre, il
soggetto maschile ha allora una relazione autentica con un soggetto
femminile indipendente da lui. Dunque, il posto del negativo della
dialettica hegeliana, per la Irigaray, deve essere preso dal sesso.
Questo passaggio mira anche a sostituire la morte con la vita. La
domanda che si pone la filosofa è questa: come posso non essere più
bersaglio della soggettività da cui prende avvio la definizione
dell'altro? Cosa dice la Irigaray di fare per riaprire questa
possibilità? Mentre Marx ribalta Hegel, Aristotele ribalta Platone,
Nietzsche ribalta tutto, per Luce è necessario ribaltare se stessa.
Prima era l'altro dell'uomo per l'uomo, dopo ha cercato di definire
l'alterità oggettiva di sé per sé. Ha rovesciato la femminilità
imposta dall'uomo cercando il femminile corrispondente al suo genere,
l'in-sé/per-sé del genere femminile: 'Ho
dunque tentato di delineare una spiritualità al femminile, certo
imponendo un freno ai miei bisogni o ai miei desideri, alla mia
immediatezza naturale, in particolare pensandomi come la metà e
soltanto la metà del mondo, ma anche mettendo in questione la
spiritualità che mi era imposta nella cultura appropriata al
maschile o al patriarcato, cultura in cui ero l'altro del Medesimo'.
Insomma, il fatto è che il genere femminile finché sarà definito
genericamente dall'uomo non permetterà la costruzione di una vera
identità femminile. Nella spiritualità la donna è originata
dall'uomo, ma nella realtà l'uomo è partorito dalla donna. Finché
questa situazione non è riconosciuta per la sua importanza la donna
resterà una creatura dell'uomo. Questo le impedirà di crearsi un
ideale suo, mancando così la possibilità di sviluppare una identità
e delle mediazioni. Le donne, cioè, possono solo criticare la loro
condizione ma non sanno creare una alternativa. Pare che la stessa
cosa accada alla sinistra. Almeno per quanto riguarda le tecnologie
governamentali descritte da Foucault. La sinistra è, come la donna,
priva di identità propria. Questo aveva scoperto il filosofo
francese nella sua analisi sul neoliberismo. Bene, capita che non
solo gli uomini contestano questa direzione indicata dalla Irigaray,
ma anche le donne. Esse chiedono l'uguaglianza senza
saper definire una propria identità. Insomma, la difficoltà è che
il modello è sempre un uomo, sia per i maschi che per le femmine.
Lei è sempre dimenticata. Così scrive la poetessa statunitense
Muriel Rukeyser in Myth. 'Molto
tempo dopo, vecchio e cieco, camminando per la strada Edipo sentì un
odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: "Voglio farti una
domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?". "Avevi
dato la risposta sbagliata." Disse la Sfinge. "Ma fu
proprio la mia risposta a rendere possibile ogni cosa." "No,"
disse lei. "Quando ti domandai cosa cammina con quattro gambe al
mattino, con due a mezzogiorno e con tre alla sera, tu rispondesti
l'Uomo. Delle donne non facesti menzione." " Quando si dice
l'uomo" disse Edipo "si includono anche le donne. Questo,
lo sanno tutti." "Questo lo pensi tu." Disse la
Sfinge.'
Se
nasce un bambino diremo che essi hanno avuto un bel bambino, così la
donna è cancellata, se fanno un viaggio, essi hanno fatto un lungo
viaggio, la donna non c'è, insomma se sono presenti i due sessi
anche la relazione tra madre e figlia diventa inesistente, essi,
padre madre e figlia, hanno viaggiato, essi hanno avuto una bella
bambina. Insomma, lui vince sempre su di lei. Addirittura le parole
hanno più valore se maschili: segretaria si usa per lavori più o
meno sottomessi, segretario per attività prestigiose, di Stato ad
esempio, anzi vale di più un sottosegretario che una segretaria.
Qualche scienziato potrà dire: il genere sessuale con la realtà e
con le scoperte scientifiche non ha niente a che fare. Sia che li
descriva un uomo o una donna i fenomeni scientifici, che li dica un
maschio o una femmina, sono e devono funzionare allo stesso modo,
sono indipendenti dal linguaggio e dal genere, devono essere per
forza identici per entrambi i sessi. Certo, ma ricordiamo a tale
scienziato, se ci fosse, che non abbiamo a che fare solo con la
realtà inemendabile, abbiamo a che fare nella vita quotidiana, che scorre lontana dalle galassie e dai microrganismi, soprattutto con oggetti
sociali inventati dagli uomini. Irigaray dice: 'Il
linguaggio e i suoi valori riflettono l'organizzazione sociale, e
viceversa. la lingua si appropria di lei e di esse quando è presente
lui risucchiandole in essi, proponendo una gerarchia invertita di
quanto accade alla potenza di gestazione materna. Il padre-logos
pretende di essere generante e inglobante rispetto alla madre-natura.
Ma in questo gesto - simile a quello del fort-da
del
piccolo Hans con il suo rocchetto - l'uomo non ha realmente
considerato la sua relazione con la generazione, con il fatto di
essere generato; egli nega questo fatto in una affermazione di
onnipotenza della parola, della sua parola, il che annulla la
differenza dei sessi, dei generi, e si traduce nell'istituzione di
una trascendenza assoluta, nella misura in cui è appropriata
all'identità maschile, e comporta riduzioni relative alla
costituzione dell'identità femminile. Se la trascendenza del
maschile è problematica a causa di ciò che essa annulla della
realtà del genere, la messa in atto di questa cultura, detta
patriarcale, rifiuta la trascendenza al femminile. In tale logica,
tutto ciò che è di genere femminile ha dunque meno valore, perché
privo della dimensione possibile della trascendenza. Il culto
madre-figlio presente nel Cristianesimo non è il segno del rispetto
della trascendenza femminile, a meno di darne una nuova e diversa
interpretazione. Di conseguenza è resa impossibile una relazione
spirituale tra i generi'. Il
fatto è che sussistono differenze linguistiche che pongono il sesso
maschile come quello che prende distanza dall'in sé tramite la
trascendenza del per sé. L'individuo maschio così si allontana
dall'immediatezza naturale, dall'immediatezza sensibile, pone in
essere un divenire spirituale schivando la comunicazione. Questo
processo Luce lo indica come uno schizzare in avanti di un in sé
individuale che riflettendo si spiritualizza e diviene sempre più un
per sé. Si allontana così dalla natura spiritualizzandola sempre
più. Dando origine a una natura sempre più per sé e sempre meno in
sé. Ma con questo movimento ottiene anche un altro effetto, l'uomo
comunica, certo, ma sempre all'interno di mediazioni che sono già
sue. Per la Irigaray l'uomo abita prevalentemente la dimensione
linguistica informativa più che quella comunicativa, insomma,
commenta solo informazioni. Come se la struttura dei soggetti
maschili, la loro identità, essendo medesimi, non fosse interessata
all'intimità, che proprio perché è omosessuale danno per scontata,
sono così più interessati a variazioni esterne, cioè, ai fatti che
capitano, alle novità che avvengono. In questo senso gli uomini, a
differenza delle donne, sono più anaffettivi. Qual è la possibilità
di riaprire la comunicazione tra l'uomo e la donna? Riconoscere che
c'è qualcosa di noi che ci caratterizza in modo inemendabile, che
per quanto lo si voglia cancellare non possiamo farlo. La sessualità
di un uomo, per esempio, può apparentemente cambiare, ma rimane pur sempre
impossibile per lui procreare. Se partiamo da questa differenza
assoluta riconosciamo all'altro uno statuto diverso dal medesimo. Il
dialogo può iniziare dal riconoscimento di questa differenza. Ciò
implica che l'uomo è partorito dalla donna. Questo è il pensiero
più difficile da accettare per il logocentrismo. Non siamo partoriti
spiritualmente dal logos, fisicamente prima del logos c'è nostra
madre come genealogia. Riconoscere questa genealogia non esclude il
fatto che siamo esseri spirituali. Il mio del soggetto maschile però
non può appropriarsi del genere sessuale diverso dal suo. Per
questo il soggetto non è assoluto. Questa limitazione fa appartenere
ciascuno ad un universo a metà, cioè, al genere sessuale di
appartenenza. Pertanto si tratta di riconoscere che siamo generati da
due, un maschio e una femmina, partoriti poi da una donna e
allattati da lei. Ma allora cosa dice Freud sulla donna? Ne parla
proprio nella Introduzione
alla psicoanalisi, nel
testo troviamo
una
serie di conferenze in cui spiega in cosa consista la nuova scienza
ai suoi interlocutori. Nel capitolo dedicato alla femminilità, parla
delle donne come un mistero, vi tornerà sopra anche nei Tre
saggi sulla sessualità.
Come procede Luce? Fa parlare Freud e inserisce via via dei commenti.
Ad esempio, nel capitolo riferito a questa conferenza sulla
femminilità Freud inizia con queste parole: 'Sull'enigma
della femminilità gli uomini si sono lambiccati in ogni epoca il
cervello: "Teste
in berretti geroglifici, Teste in turbante e berretta nera, Teste
imparruccate e mille altre Povere, sudanti teste umane..." (1)
Neanche voi, in quanto uomini, vi sarete sottratti a questo
rompicapo; dalle signore qui presenti non ci aspettiamo questo: esse
stesse sono questo enigma'. Le donne nel discorso sono escluse
per principio, subito, non hanno voce in capitolo, sono l'oggetto e
non il soggetto di questa domanda. Insomma, chi la donna sia può
dirlo solo l'uomo, addirittura Freud in persona. Certo lui ha
inventato la psicoanalisi e solo lui può dire quale sia la parte
della donna nella economia del suo discorso. '"Maschile
o femminile" è la prima distinzione che fate allorché
incontrate un altro essere umano, e siete abituati a fare questa
distinzione con assoluta sicurezza. La scienza anatomica condivide la
vostra sicurezza in un punto e non molto più in là. Maschile è il
prodotto sessuale maschile, lo spermatozoo e il suo portatore;
femminile l'uovo e l'organismo che lo ospita. In entrambi i sessi si
sono formati organi che servono esclusivamente alle funzioni sessuali
e che si sono verosimilmente sviluppati dalla stessa disposizione,
assumendo due diverse conformazioni. In entrambi, inoltre, gli altri
organi, le forme del corpo e i tessuti mostrano un influsso da parte
del sesso, ma l'influsso è incostante e la sua entità variabile: si
tratta dei cosiddetti caratteri secondari del sesso. A questo punto
la scienza vi dice qualcosa che contrasta con quanto vi aspettate e
che probabilmente è fatta per confondere i vostri sentimenti. Vi fa
osservare che parti dell'apparato sessuale maschile si riscontrano
anche nel corpo della donna, benché in stato atrofizzato, e
viceversa. In questa presenza essa vede un indizio di bisessualità,
come se l'individuo non fosse uomo o donna, ma sempre l'uno e
l'altra, e solo un po' più l'uno o l'altra. C'è qui un invito a
familiarizzarvi con l'idea che la proporzione in cui il maschile e il
femminile s'intrecciano nell'individuo è soggetta a oscillazioni
assai rilevanti. Tuttavia, poiché in una persona, a prescindere da
casi rarissimi, sono presenti prodotti sessuali di una sola specie -
uova o cellule seminali, - non potete anche fare a meno di mettere in
dubbio il significato fondamentale di questi elementi [maschile e
femminile] e trarre la conclusione che ciò che costituisce la
mascolinità o la femminilità sia un carattere sconosciuto, che
l'anatomia non può afferrare. Può forse farlo la psicologia? Siamo
avvezzi a impiegare "maschile" e "femminile"
anche come qualità psichiche, e abbiamo parimenti trasferito nella
vita psichica la nozione di bisessualità. Di una persona, sia essa
maschio o femmina, diciamo che in una certa situazione si comporta in
modo maschile, in quell'altra in modo femminile. Ma vi renderete
conto ben presto che ciò significa semplicemente arrendersi
all'anatomia e alla convenzione. Non potete dare alcun nuovo
contenuto ai concetti di "maschile" e "femminile".
La distinzione non è psicologica; quando dite "maschile"
di regola intendete "attivo", e quando dite "femminile"
intendete "passivo". Ora, è vero che una relazione di
questo tipo esiste. La cellula sessuale maschile è attivamente
mobile, cerca quella femminile, e questa, l'uovo, è immobile,
attende passivamente. Questo comportamento degli organismi sessuali
elementari è esemplare per la condotta degli individui nel rapporto
sessuale. Il maschio insegue la femmina allo scopo dell'unione
sessuale, la assale, penetra in lei. Ma con questo avete per
l'appunto ricondotto, per quanto concerne la psicologia, il carattere
della mascolinità al momento aggressivo. Il dubbio di non aver colto
in tal modo nulla di essenziale sarà inevitabile, se considererete
che in alcune classi di animali le femmine sono più forti e
aggressive, mentre i maschi sono attivi unicamente nell'atto
dell'unione sessuale. E' il caso, per esempio, dei ragni. Anche le
funzioni di covare e di allevare, le quali ci paiono così
squisitamente femminili, non sono negli animali regolarmente connesse
col sesso femminile. In specie molto elevate, si osserva che i sessi
si dividono il compito di covare o, perfino, che vi si dedica
soltanto il maschio. Persino nel campo della vita sessuale umana vi
accorgete presto quanto sia inadeguato far coincidere il
comportamento maschile con l'attività e quello femminile con la
passività. La madre è attiva in ogni senso nei riguardi del suo
bambino; ciononostante l'atto stesso dell'allattamento si può
indifferentemente concepire tanto in modo attivo come allattare,
quanto in modo passivo come farsi succhiare il latte. Quanto più vi
allontanate poi dallo stretto campo sessuale, tanto più chiaro
diventa l"'errore di sovrapposizione".
Le
donne possono esplicare una grande attività in diverse direzioni,
gli uomini non possono
convivere
con i loro simili se non sviluppano un alto grado di passiva
arrendevolezza. Se adesso mi dite che questi fatti contengono
precisamente la prova che tanto gli uomini quanto le donne sono
bisessuali in senso psicologico, ne deduco che dentro di voi siete
decisi a far coincidere "attivo" con "maschile" e
"passivo" con "femminile". Ma ve lo sconsiglio. A
mio parere non risponde al nostro scopo ed è certo che non ci
insegna niente di nuovo.'
Allora
chi ci insegnerà qualcosa di nuovo? Ma Freud in persona, a partire
dalla struttura con cui studia la crescita di maschi e femmine. Cosa
combina il medico austriaco? Si inventa un percorso a ostacoli in cui
la donna deve superare quelli più grandi, sì perché gli ostacoli
che deve superare sono per lei in numero superiore, seppure medesimi
per i due sessi. La donna però deve fare delle giravolte per
riuscire a trovare la sua femminilità. Insomma, come dice lo stesso
Freud, la donna inizialmente, finché si rende conto di non avere il
pene, cosa che capita abbastanza presto, si comporta come un ometto.
Poi resasi conto del suo difetto ne fa un complesso, quello di essere
castrata e, per non farsi mancare nulla, le viene l'invidia del pene.
L'uomo dalla sua, invece, vista la bimba senza il coso ne verrà
terrorizzato temendo a sua volta di essere castrato, così, detto in
soldoni, si afferma il complesso edipico. Con il distacco del maschio
dalla madre Freud rappresenta l'affermazione della legge del padre.
Solo così si costituisce un Super io che potrà permettere di
controllare le pulsioni e sublimarle, questo, ma non c'era da dirlo,
riesce al maschio più facilmente. Cosa capita nel frattempo alla
bimba? Odia sua madre colpevole della castrazione e che inoltre
vale meno perché è castrata a sua volta. Dunque, si distacca dalla madre, con la quale in
fase preedipica voleva dare un figlio o averlo da lei, e resasi conto
che la madre è danneggiata quanto lei, non avendo il coso,
rovescia il sentimento amoroso in odio, totalmente delusa mette
sotto la mira del suo desiderio il padre. Ma la sua sessualità si attua, per Freud,
solo se ritorna sui suoi passi, cioè, se compie un giro completo e,
non desiderando più il padre, torna a relazionarsi con sua madre. In
questi passaggi irti di ostacoli non sempre le cose vanno per il
verso giusto. Così è facile una ricaduta nevrotica e isterica
quando il complesso edipico, Jung lo ribattezzerà di Elettra, della
bambina girata/voltata dalla madre al padre, non viene superato
tramite il completamento del giro e il ritorno alla madre. Altrimenti
continuerà a desiderare qualcosa che poi non può ottenere.
Attenzione, perché tutto questo gioco descrive in modo efficace le
sofferenze di chi è dentro a situazioni patologiche, ad esempio
anoressico/bulimiche, in cui la soddisfazione è fare il vuoto, vuoto
di desiderio al quale il malato non si è mai sentito assoggettato.
Vuoto riempito dalla madre spesso con cose, con oggetti, con avere
anziché essere. Quindi questa descrizione del soggetto femminile in
molte patologie è efficace e necessaria alla loro comprensione e
alla loro cura. Vedi Massimo Recalcati, L'Ultima cena, Anoressia e
Bulimia. Ma tornando a Freud, in tutto questo passaggio l'esito
finale è che la bambina, inizialmente considerata da Freud più
sveglia, capace, intelligente del bimbo, dopo aver aggiunto però che è
anche una questione personale, alla fine si troverà con un Super io
meno sviluppato, più debole, incapace di sublimare, di trascendere,
di pensare. In questa disanima l'organo sessuale femminile per Freud
è limitato al clitoride. Non esistono le labbra, la vagina, il collo
dell'utero, tutte appendici inutili. Leggete il testo di Freud e ve ne
renderete conto. Dunque, ha facile gioco Luce a ironizzare
sull'esimio dottore che scrive: 'Si potrebbe
pensare di caratterizzare psicologicamente la femminilità con la
preferenza per mete passive, il che, naturalmente, non è la stessa
cosa della passività; per realizzare una meta passiva può essere
necessaria una grande dose di attività. Forse succede che nella
donna una preferenza per il comportamento passivo e per aspirazioni
passive, proveniente dalla parte che le è riservata nella funzione
sessuale, si protenda nella vita più o meno ampiamente, secondo i
limiti, circoscritti o estesi, in cui la vita sessuale funge da
modello. Dobbiamo però badare a non sottovalutare l'influsso degli
ordinamenti sociali, che parimenti sospingono la donna in situazioni
passive. Tutto questo è ancora molto oscuro. C'è una relazione
particolarmente costante, tra femminilità e vita pulsionale che non
vogliamo trascurare. Nella donna la repressione dell'aggressività
prescrittale dalla sua costituzione e impostale dalla società,
favorisce lo sviluppo di forti impulsi masochistici, i quali, come
sappiamo, riescono a legare eroticamente le tendenze distruttive
rivolte all'interno. Il
masochismo
è dunque, come si suol dire, schiettamente femminile. Se però, come
tanto spesso avviene, riscontrate il masochismo negli uomini, che
altro vi resta da dire se non che questi uomini mostrano tratti
femminili molto evidenti?
Avete
ormai capito che neppure la psicologia è in grado di sciogliere
l'enigma della femminilità. La spiegazione deve venire da qualche
altra parte e non può venire se prima non abbiamo appreso come abbia
avuto origine, in genere, la differenziazione degli esseri viventi in
due sessi. Nulla sappiamo in proposito, eppure l'esistenza dei due
sessi è un carattere assai appariscente della vita organica,
mediante il quale essa si distingue nettamente dalla natura
inanimata. Frattanto, contentiamoci di studiare quei caratteristici
individui umani che, per il fatto di possedere genitali femminili,
sono manifestamente o prevalentemente femminili. E' conforme alla
natura della psicoanalisi proporsi non di descrivere ciò che la
donna è - il che sarebbe un compito forse superiore alle sue forze -
ma di indagare il modo in cui diventa tale, il modo in cui dalla
bambina, che ha disposizione bisessuale, si sviluppa la donna.
Negli
ultimi tempi abbiamo appreso qualcosa su questo argomento, grazie
alla circostanza che
parecchie
nostre esimie colleghe in analisi hanno cominciato a lavorare attorno
al problema. La discussione è stata particolarmente stimolante a
causa della diversità dei sessi, poiché
ogniqualvolta
un confronto sembrava andare a scapito del loro sesso, le nostre
analiste potevano esprimere il sospetto che noi analisti non avessimo
superato certi pregiudizi profondamente radicati contro la
femminilità e li scontassimo quindi con la parzialità della nostra
ricerca. A noi per contro era facile evitare, invocando la
bisessualità, ogni scortesia. Non avevamo che da dire: "Questo
non vale per voi. Voi siete l'eccezione, su questo punto siete più
maschili che femminili".'
Capite
cosa intendo dire che Luce ha gioco facile, è che Freud se le tira
proprio. Infatti scrive la Irigaray in Speculum: 'Lasciata
al vuoto,
alla mancanza di
ogni rappresentazione, ri-presentazione, a rigore anche di ogni
mimesi, del suo desiderio d'origine. Il desiderio allora passerà
attraverso il desiderio-discorso-legge del desiderio dell'uomo: tu
sarai la mia donna-madre, la mia donna se vuoi e puoi essere (come)
mia madre = tu sarai per me la possibilità di
ripetere-rappresentare-riprodurre il mio rapporto con l'origine.
Ebbene questa operazione non è affatto uno spostamento del
desiderio-origine della bambina, della donna, ma piuttosto un esilio,
una sorta d'estradizione o espatrio fuori da questa (sua) economia
del desiderio. Di ciò la colpa, per giunta, viene attribuita a lei:
odia sua madre. Quello che si verifica è semmai altro, che per la
donna viene abolita la rappresentazione, ed il significante, d'un
tempo della sua economia libidica, tempo non di poca importanza,
poiché è quello in cui viene tolto il segno del primo tempo per
ricevere il contrassegno. Diciamo piuttosto che al
principio la sua storia si fermerebbe, per
lasciarsi dettar legge da
quella di un altro, quella dell'uomo-padre. Non ci sarebbe dunque per
la donna alcuna possibile rappresentazione né
alcuna storia della economia della sua libido.
Come non c'è per l'uomo significato alcuno della libido femminile.
La libido è maschile, meglio neutra. "Qualificare la libido
come femminile mancherebbe di qualsiasi giustificazione".
Traducendo, questo risulta: in una certa economia del voler dire - di
cui conosciamo il rapporto che ha con il desiderio del medesimo, con
la ripetizione- rappresentazione-riproduzione del medesimo - le
parole "libido femminile" non vogliono dire niente, non
possono voler dire qualcosa poiché l'eventualità contraria e cioè
che possano voler dire una cosa qualsiasi rimetterebbe in questione
proprio il progetto e le proiezioni del voler dire. Il carattere
"ingiustificabile", insopportabile, delle parole "libido
femminile" costituisce uno dei sintomi di un fuori che minaccia,
agli occhi del "soggetto" (maschile) della storia, le
parole, i segni, il senso, la sintassi, i sistemi di rappresentazione
del voler direo fare adeguatamente sempre lo stesso. Che
l'espressione "libido femminile" sia senza giustificazione
significa anche e insieme che la forza delle pulsioni nella vita
sessuale della donna si trova diminuita. Cosa questa che Freud si
sforza in tutti i modi di dimostrare attribuendone la responsabilità
maggiore alla natura. L'a priori e il desiderio del medesimo non si
reggono che sul dominio di un unico desiderato. Succede di
conseguenza che ci si lamenti e si ironizzi, tra gli esperti di
psicoanalisi, sul fatto che le donne siano inanalizzabili. Questo è
del tutto esatto finché ci si attiene al discorso di Freud e si
resta dentro lo spazio chiuso della rappresentazione di cui lui
stesso su questo punto è prigioniero. Infatti la "libido
femminile", come a rigore la stessa differenza sessuale di cui
"l'essere castrato" della donna è il più vistoso
contrassegno attuale, sono escluse dalla rappresentazione. Il fallo
invece vi funziona tropo spesso come garanzia del senso, il senso
del/dei senso/i, la figura, la forma, il significante ultimo nel
quale ricompaiono, scaltrite le antiche figure dell'onto-teologia
(cioè la metafisica
di Aristotele).
Senza più maschere. Nasce il sospetto che in questa nuova economia
della significazione, organizzata e dominata dal suddetto Fallo, il
postulato sia sempre il Medesimo."
Non
è che vada molto meglio con Lacan, egli certo riconosce al seno
femminile una maggiore autonomia simbolica nelle patologie, ma ruota
ancora intorno al fallo e alla legge del padre con un modello
economico che per Lacan è in vigore, è proprio il caso di dire,
nell'inconscio. Anzi, di più. Cosa è l'inconscio per Lacan? Il
linguaggio. Abbiamo visto come il linguaggio è, non solo per le
filosofe femministe, ma anche per Derridà, Jam Luc Nancy e a seguire
per la filosofia post-moderna, fallo-logo-crato-centrico, capite
quindi che per Lacan analizzare le patologie vincola a questo stato
di fatto. Come parte la potenza metaforica? Lacan lo descrive
riprendendo il piccolo Hans e il Fort Da di Freud. Cosa scompare e
compare dietro il rocchetto? La madre. Cosa rappresenta la madre? Il
desiderio. Se è neutra, cioè maschile, la libido desidera in
forma, figura di fallo. La donna, invece, castrata, desidera meno,
in fondo ha solo una piccola (o piccolo?) clitoride, che è il suo piccolo fallo.
Il linguaggio e il suo effetto mimetico, secondo Freud e Lacan, Fort,
fuori, Da, qui, parte così. Lancia il rocchetto e scompare sotto il
letto, lo tira e torna visibile. Noi non possiamo trascurare che
nell'opera di questi autori ciò di cui parlano l'hanno osservato.
Questo significa che siamo situati nelle condizioni di cui descrivono
l'economia. Ma, bisogna anche aggiungere, come dice la Irigaray, che
ne hanno subìto, più Freud che Lacan, tutta la gettata simbolica.
Alla conclusione del suo discorso infatti Freud dice: 'Un
uomo sui trent'anni appare come un individuo giovanile, non del tutto
formato, che ci aspettiamo saprà sfruttare energicamente le
possibilità di sviluppo apertegli dall'analisi. Una donna della
stessa età invece ci spaventa di frequente per la sua rigidità e
immutabilità psichiche. La sua libido ha occupato posizioni
definitive e sembra incapace di lasciarle per altre. Non ci sono vie
verso un ulteriore sviluppo; è come se l'intero processo avesse già
fatto il suo corso e rimanesse d'ora in avanti inaccessibile a ogni
influenza, o meglio, come se il difficile sviluppo verso la
femminilità avesse esaurito le possibilità della persona. Come
terapeuti questo stato di cose ci appare deprecabile, persino quando
riusciamo a porre fine alla sofferenza risolvendo il conflitto
nevrotico. Questo è tutto quanto avevo da dirvi sulla femminilità'.
Hans
ha intuito come funziona il linguaggio e come il suo meccanismo
simbolico, in relazione al desiderio, porta alla presenza l'assente.
L'invisibile è metaforicamente fatto tornare visibile tramite il
Fort Da, gioco che riporta la madre assente alla presenza, davanti ad
Hans e alla sua libido, energia sessuale neutra inclinata al
maschile. Insomma, pare un poco semplicistico, ma per la psicoanalisi
l'energia che dà forma alla vita degli uomini e delle donne è
simbolicamente strutturata, Lacan direbbe inconsciamente, con un
linguaggio il cui clinamen è decisamente maschilista. Il motore
immoto di Aristotele, insomma, sempre più scoperto e visibile,
sembra un fallo eretto. Si capisce, allora, perché Luce Irigaray sia
stata cacciata dall'associazione freudiana presieduta da Lacan. Ha
scoperto che anche la psicoanalisi è un gioco per ometti.
Franco Insalaco
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