Una piccola nota di benvenuto

Cosa è un Giardino Filosofico? L'abbiamo immaginato come un luogo di incontro tra amici, in cui la filosofia è a casa. E' un poco epicureo, non sale verso le meteore, scende in terra tra le persone, appunto, in un piccolo giardino, a fare filosofia dove normalmente viviamo. L'Inventificio Poetico è, ispirandosi a Pietro M. Toesca, lo spazio delle invenzioni, quelle che rendono sensato vivere. Per sapere che al mondo il bene supera il male basta dire che siamo ancora vivi, altrimenti non saremmo più qui. Insomma, cerchiamo di alimentare questa differenza, in ciò consiste l'utopia del Giardino Filosofico e Inventificio Poetico, il cui sottotitolo è: "Volgere liberi gli occhi altrove".


lunedì 4 ottobre 2021

Borlotti pandemici

 

Oggi finalmente riesco a scrivere, sono rilassata e mi è venuto un impulso creativo. Ho qualcosa da raccontare.

Sono piazzati davanti al bancale dell’uva, verso l’uscita. Lui con la borsa della spesa in mano, lei con il carrello semivuoto. Lui è grande, coi capelli unti raccolti in un codino, le occhiaie infossate e la bocca larga di quelle senza labbra. Sembra un serial killer. Lei sembra una casalinga. Bene in carne e con una pettinatura cotonata come fanno i parrucchieri di paese alle donne di mezz’età.
Chiacchierano di case (lui se l’è fatta da sé, complimenti.)
Si erano già fermati alla cassa, dopo aver pagato, e la cassiera gli aveva chiesto di spostarsi.
Devo prendere dell’uva.
“Permesso.”
Lui si sposta di 30 centimetri.
Andate a parlar fuori, no?
Non lo dico, ma dico qualcosa di ancor più sgradevole:
“Se avete finito potete pure uscire.”
Lui mi punta il dito. “Diamo fastidio?”
Che strana domanda. Anzi no: il tono è quello allusivo e ironico di chi vuol attaccare briga.
E lei: “Noi siamo mobili, no?, e ci muoviamo.” (Così, giuro. Non capisco cosa significa.)
“No, dicevo, è che la gente ha bisogno di servirsi e se voi state lì… Visto che si devono mantenere le distanze di sicurezza…” Mi son morsa la lingua nell’istante stesso in cui l’ho detto. Mi è venuto il cuore in gola: sapevo sarebbe arrivato.
Lui mi guarda con un lampo di acredine nel buio delle occhiaie: “Lei è vaccinata?”
Boom.
“Possiamo fermarci qui” dico prendendo un grappolo di pizzutella dal mucchio. Lo soppeso e lo guardo attentamente, praticamente acino per acino. Rallento il più possibile i movimenti per darmi un contegno.
Lei: “Eh-eh-eh!” Risatina di scherno e scuotimento di testa. Vale “lo sapevo io!”
Non rispondo. Che posso rispondere? Che penso di sì ma non ne sono sicura?
 
È vero che oggi mi sento non vaccinata, ma non ci metterei la mano sul fuoco. È sempre più difficile dirlo. Certe mattine mi sveglio che la giornata mi sembra diritta e ho una discreta energia, e ho anche idea che il mio lavoro abbia un senso e che posso considerarmi una vera scrittrice. Vado su Internet e vedo che chi è vaccinato può stare tranquillo, può fare un sacco di cose, tutte praticamente quelle che facevamo prima, è una persona altruista e socialmente responsabile, e ottimista perché andrà tutto bene. Eccomi, sono io. Parto come un treno. Sarà perché sono vaccinata.
Certe altre mattine, dio mio, mi sento Linus a cui hanno strappato via la coperta giurando di non dargliela mai più. Sognavo così bene… E ora… No! Tocca d’alzarmi! È devastante. Che mi alzo a fare? Non valgo niente, il mio lavoro è tutta fatica e zero guadagno, non avrò mai la pensione e scrivere non serve a una ceppa. Vado in Internet e leggo che chi non è vaccinato è una persona chiusa ed egoista, meglio faccia poca vita sociale tanto cosa va a impestare gli altri (se non in senso proprio, sicuramente in senso metaforico con i suoi pensieri negativi.) Chiaro, non sono vaccinata.
Ma poi, come faccio a fidarmi di quello che trovo in Internet? La rete è piena di fake news.
 
Dopo la risatina i due escono e si fermano davanti alla porta.
“Meglio stare lontani, quelli non vaccinati infettano anche noi” fa lui alzando la voce e guardando verso l’interno.
Sì sì, dice lei con la testa e un’altra risatina.
“Guardi che chi è vaccinato è ugualmente infettivo” dico con grande flemma. Mi sento come avessi preso troppe gocce di Valium. L’ho preso solo una volta in vita mia, anzi me l’hanno dato. È orribile, continui a star male da cani con la tua angoscia ben piantata in testa, ma sei al rallentatore e ti sembra di biascicare quando parli.
“Sì, perché sono i non vaccinati che ci infettano e dopo siamo infettivi anche noi” replica lui. Il ragionamento mi lascia talmente di stucco che mi viene il dubbio che abbia qualche evidenza scientifica. Andrò in Internet a vedere.
Con il sacchettino dell’uva in mano (finalmente sono riuscita a imbustarla, fare gesti lenti aiuta ma a tutto c’è un limite) provo l’ultima battuta di emergenza: “Ma io non le ho detto se sono vaccinata o no.” Del resto, come avrei potuto se non lo so neanch’io?
“Nooo, non dicevo per lei” riprende il semikiller.
Ah no?
Mi guardo intorno. Nel negozio ci siamo solo noi tre, pure il banco cassa è vuoto. Pare il supermercato di un film de paura.
Procedo verso la sezione dei vegetali, perdendo di vista e per fortuna anche d’udito il serial killer colle occhiaie e la casalinga oversize.
Non mi ricordo più se dovevo comprare delle verdure. Ho la testa attutita. È che sono affascinata dai baccelli maculati dei borlotti sul ripiano in basso. Sono lucidi e freschi, di un viola fosforescente. Mi sembra che si gonfino fluttuando fuori dalla loro cesta, chiamandomi in maniera irresistibile. Sarà l’effetto Valium.
 
Oggi sono in buona, sono riuscita a scrivere. Direi che sono vaccinata e sono in pace con me stessa.
Per quanto…
Oddio.
Non sarà una fake news?

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