Una piccola nota di benvenuto

Cosa è un Giardino Filosofico? L'abbiamo immaginato come un luogo di incontro tra amici, in cui la filosofia è a casa. E' un poco epicureo, non sale verso le meteore, scende in terra tra le persone, appunto, in un piccolo giardino, a fare filosofia dove normalmente viviamo. L'Inventificio Poetico è, ispirandosi a Pietro M. Toesca, lo spazio delle invenzioni, quelle che rendono sensato vivere. Per sapere che al mondo il bene supera il male basta dire che siamo ancora vivi, altrimenti non saremmo più qui. Insomma, cerchiamo di alimentare questa differenza, in ciò consiste l'utopia del Giardino Filosofico e Inventificio Poetico, il cui sottotitolo è: "Volgere liberi gli occhi altrove".


martedì 14 marzo 2017

DI NON-COMPLEANNI E PROPRIETA' PRIVATE di Sabina Macchiavelli

Sono stata invitata giovedì prossimo a festeggiare il nuovo appartamento di un'amica.
Non parliamo qui del piacere indiscusso di stare con le amiche.
Parliamo dell'apparato ideologico che costituisce e sostanzia per noi le priorità della vita.
Ricevendo l'invito mi è tornato in mente quando sono venuta ad abitare nella nuova casa di (mia) proprietà, sei o sette anni fa. Una casa 'importante', grande, con belle rifiniture, giardino e porzione di castagneto, un luogo dolce e sereno nel primo appennino modenese - un ottimo affare in termini di qualità-prezzo. L'ondata di consenso sociale mi ha travolto. Era un successo nella mia vita, un punto di arrivo; qualcuno ha scherzato dicendo che ero proprietaria terriera e avrei avuto molti corteggiatori; mi hanno interrogato telefonato festeggiato complimentato celebrato quando ci incontravamo; hanno lodato la bella dimora e apprezzato la mia fortuna. Ho sentito che avevo ottenuto una grande cosa.
Cos'avevo ottenuto?

Ero (come giustamente aveva osservato il mio amico) diventata 'proprietaria' di terra e immobile. Ero un'adepta del dispositivo di privatizzazione che governa il sistema, e prima ancora il pensiero, occidentale.
In realtà era successa un'altra cosa, molto più banale e molto meno gratificante. Avevo venduto un appartamento (che a sua volta era stato acquistato coi soldi dei miei genitori più mutuo decennale), trovato casa e terreno con un'agenzia immobiliare, integrato il pagamento con altri soldi di famiglia e finalmente traslocato. Io, di per me, non avevo fatto nulla, ma proprio nulla, nulla voglio dire di ciò che si raggiunge con capacità, studio, desiderio, intelligenza personale e legami affettivi – le uniche cose per cui vale la pena stare al mondo.
Solo che queste cose per cui vale la pena stare al mondo transitano per lo più inavvertite nel tessuto delle nostre quotidianità, con un piccolo entusiasmo di tipo marcatamente interfamiliare. Non dico le riuscite istituzionali, come la laurea o il lavoro, che, essendo appunto ufficialmente promossi dall'ideologia egemone, valgono di per se come successi. Saranno sempre sacrosanti e lodati, anche se io rimango un imbecille e un incapace. Dico invece le bellezze dello stare al mondo: mi sono innamorata (innamorata, dico, non accompagnata, convissuta o sposata), ho scritto una poesia (scritto, dico, non pubblicato), sono competente, anzi geniale, in una materia, ho adottato un gatto... Facciamo nella vita cose che valgono incommensurabilmente di più dell'acquisto di una casa, sono più belle e più degne che se ne parli. Il consenso accoglie, tangibilmente e pervasivamente, solo l'evento 'eccezionale' che conferma la validità dell'apparato politico-sociale fondato su famiglia e proprietà. Il resto (quel resto che ci permette di esistere ogni giorno) fa tutto parte della normalità.

Quando mi sono laureata ho chiesto ai miei genitori di non venire in università, e credo me ne vogliano per questo. Allora agivo per impulso: ero arrivata ad odiare talmente l'istituzione che non volevo dare ufficialità ad alcuna cerimonia. Adesso capisco che avevo intuito quello che poi con gli anni ha costruito la base del mio pensiero.

- È una cravatta, cara, una bella cravatta, come hai detto tu. È un regalo, del Re e della Regina Bianchi. Ecco! -
- Davvero? - Fece Alice, assai contenta di aver scelto l'argomento giusto, dopo tutto.
- Me la diedero - continuò Humpty Dumpty cogitabondo mentre accavallava una gamba sull'altra e con le dita intrecciate stringeva il ginocchio fra le mani, - me la diedero come regalo di non- compleanno -
- Le chiedo scusa? - fece Alice con un'aria perplessa.
- Non sono offeso - replicò Humpty Dumpty.
- Voglio dire, che cos'è un regalo di non compleanno? -
- Un regalo che non viene dato il giorno del compleanno, evidentemente -.
Alice ci pensò sopra. - Preferisco i regali di compleanno - disse infine.
- Non sai di cosa stai parlando! - Esclamò Humpty Dumpty.”


(L. Carroll, Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò)


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