Una piccola nota di benvenuto

Cosa è un Giardino Filosofico? L'abbiamo immaginato come un luogo di incontro tra amici, in cui la filosofia è a casa. E' un poco epicureo, non sale verso le meteore, scende in terra tra le persone, appunto, in un piccolo giardino, a fare filosofia dove normalmente viviamo. L'Inventificio Poetico è, ispirandosi a Pietro M. Toesca, lo spazio delle invenzioni, quelle che rendono sensato vivere. Per sapere che al mondo il bene supera il male basta dire che siamo ancora vivi, altrimenti non saremmo più qui. Insomma, cerchiamo di alimentare questa differenza, in ciò consiste l'utopia del Giardino Filosofico e Inventificio Poetico, il cui sottotitolo è: "Volgere liberi gli occhi altrove".


lunedì 7 novembre 2011

Riscoprire la mascolinità. Intervento tenuto nel 1997 alla Casa delle Donne di Modena.


Chiesero una volta ad Anatol: perchè non parli mai di donne? Perché io parlo solo di ciò che esiste, perciò parlo ad esempio di Dio e non di donne. Esse sono una rappresentazione dell'uomo e, oltre questo nulla.

(Anatol, Manlio Sgalambro, Adelphi.)

La frase di Sgalambro sintetizza uno degli aspetti che Victor Seidler mostra in Riscoprire la mascolinità, Editori Riuniti Roma. Dice Seidler "La mia tesi è, fondamentalmente, che c'è un rapporto, affermatosi storicamente, tra una particolare concezione della ragione e i concetti di progresso e mascolinità, e che questo rapporto ha delle conseguenze sulle categorie con le quali si sono espresse sia la filosofia moderna che la teoria sociale, come pure sul nostro senso di identità di genere". L'opera di Seidler, insegnante di teoria sociale e filosofia al dipartimento di sociologia del Goldsmith College dell'università di Londra, edita nella collana sul "pensiero della differenza" diretta da Luisa Muraro, è l'unico testo scritto da un uomo tra libri esclusivamente di autrici femminili; è quindi ritenuto significativo nell'ambito dell'indagine svolta dal pensiero femminile in seguito alla consapevolezza di appartenere al genere oppresso.
Seidler pone al centro del suo pensiero il modo in cui la cultura occidentale ha creato condizioni di oppressione del genere femminile provocando contemporaneamente l'invisibilità di quello maschile. Tali condizioni per Seidler hanno origine nell'epoca dell'illuminismo che inizia con l'apertura di credito fatta da Cartesio al pensiero razionale. Cartesio, Discorso sul metodo: "Subito però m'accorsi che, mentre volevo pensare che tutto fosse falso, era necessario che io, che lo pensavo fossi qualcosa; e notando che questa verità: io penso dunque sono, era così salda e certa che tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici non avrebbero potuto smuoverla, pensai che avrei potuto accettarla senza timore come primo principio della filosofia che andavo cercando."
Cosa accade di così grave nel riporre tanta fede nel pensiero? che tutte le qualità del vivere ricadono dentro il primo principio misura di ogni atto, così la ragione assume il ruolo pregiudizievole di giudice rassegnata a valutare ogni situazione. Si consuma in questo atto una riduzione dell'uomo al solo pensiero che diviene costitutivo della sua essenza, l'uomo è tale poiché pensa. Cosa ne è dei sensi, dei sentimenti, delle emozioni, degli istinti, in sintesi del corpo? da Cartesio in poi esso viene anatomizzato, spezzato, frantumato, ridotto in sottilissime fettine1, studiato in ogni sua più piccola particella; inizia la specializzazione, sapere sempre di più su sempre di meno.

Spinoza nega esistere divisione tra anima e corpo come congetturato da Cartesio e, inoltre, assegna maggiore importanza alla conoscenza da lui definita di terza specie, quella intuitiva, anziché quella di seconda specie, la speculativa, che sarà invece privilegiata poi da Kant. Spinoza, a me pare, pur stabilendo che la mente guidata dalla conoscenza e dalla ragione è necessaria per riscattare l'individuo dalla schiavitù della superstizione e della falsa religiosità consentendo di distinguere il vero dal falso, ne circoscrive il dominio all'interno di una condizione più armoniosa dell'uomo che tramite l'intuizione e l'unione nella mente degli istinti e della ragione accede a una conoscenza più ampia, più complessa e completa della natura. Benedetto Spinoza, Etica, Proposizione VIII parte quarta: "La conoscenza del bene e del male non è altro che l'affetto di Letizia o di Tristezza in quanto ne siamo consapevoli." Proposizione XI parte terza: "Di tutto ciò che aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce la potenza di agire del nostro Corpo, l'idea stessa aumenta o diminuisce, favorisce o impedisce la potenza di pensare della nostra Mente". Scolio: In seguito dunque intenderò per Letizia, la passione per cui la mente passa a una maggior perfezione. Per tristezza, invece, la passione per la quale essa passa ad una minor perfezione".
Kant si contrappone al principio guida di Spinoza relativamente agli affetti o passioni, secondo cui ciò che è causa di letizia potenzia la vitalità del corpo mentre ciò che suscita tristezza lo depotenzia avvicinandolo o allontanandolo da Dio. Kant sostiene "che cioè il concetto del bene e del male non deve essere determinato prima della legge morale (a cui spesso in apparenza dovrebbe esser posto a base), ma soltanto (come anche qui avviene) dopo di essa e mediante di essa." Kant, Critica della ragion pratica.
Kant cioè, afferma il primato della ragione speculativa negando che bene o male si possano derivare da letizia e tristezza, quindi da sentimenti, ma da una legge morale che venendo prima distingue e separa i sentimenti dal bene e dal male. Si consuma così il distacco della mente dal corpo, un velo opaco li separa e la ragione (intesa come contrario di torto) cade proprio dalla parte della ratio: essa affermando sempre di più il suo dominio, tramite l'obiettività e l'universalità delle proprie conclusioni, si impossessa della verità segregandola. Per Kant la ragione diviene sapere assoluto fondato sulla legge morale che garantisce all'uomo razionale il libero arbitrio. Seidler dice: "La filosofia di Kant ci offre una rappresentazione del soggetto umano diviso irrevocabilmente tra ragione e desiderio, dove è la nostra ragione e non le nostre inclinazioni (cioè i nostri desideri, le emozioni e i sentimenti) a garantire la nostra capacità morale. La nostra ragione ci consente di calcolare se un'azione è giusta, attraverso un processo di astrazione dalle situazioni particolari e valutando se la nostra azione risulta, in linea di principio, universalizzabile".

L'illuminismo illumina con la sua luce accecante pretendendo con la sola vista (della ragione) senza aiuto del tatto, udito, odorato, gusto di conoscere e valutare il mondo.

L'oriente ritiene illuminata la creatura che ha conseguito con un atto finale di consapevolezza la potenza interiore dell'essere: ma quanto più totale e armoniosa è l'unione con il corpo nella sua ricerca della luce; al contrario di noi occidentali per loro il linguaggio è Maya, cioè illusione.

Il linguaggio è depositario nella nostra epoca di un dispositivo tale che per Seidler: "nell'ambito della teoria sociale, lo strutturalismo e il poststrutturalismo incorporano questa separazione, legata all'eredità di Kant sostenendo che l'esperienza stessa, assieme al nostro senso dell'individualità, si costituisce attraverso il linguaggio e il discorso" l'intellettualizzazione che ne segue prosegue la tradizione di invisibilità del corpo le cui sensazioni negate come accesso diretto al reale sono mediate sempre da una operazione intermedia compiuta tramite il linguaggio.

Le creature che rimangono più prossime alla natura e al corpo vengono dalla cultura occidentale ritenute più deboli: vecchi, bambini, donne sono quindi inadeguati e inferiori poiché non hanno in atto la piena potenza espressiva della ragione. La donna in particolare è così legata alla maternità e quindi all'attenzione e alla cura del corpo che è inferiore per destino al genere maschile, è di secondaria importanza, viene dopo, deriva in fin dei conti da una costola di Adamo. E' così evidente la mancanza di radici del genere femminile occidentale, originata dall'uomo è privo di una genealogia radicata direttamente nel sacro e nel mito.

E' quindi ritenuto dagli occidentali inferiore tutto ciò che si avvicina di più alla natura; essa è d'altronde oggetto della sistematica distruzione che la volontà di controllo del soggetto esercita. Il punto è che il soggetto è solo maschile così come l'essere di Parmenide2, non due come il genere maschile e femminile3.

La donna è ritenuta sposa e madre non nel carattere specifico di quella o quell'altra femmina ma come un dovere astratto, "due funzioni che rappresentano un suo compito nei confronti dell'universale, compito che adempie rinunciando ai suoi desideri singolari." Luce Irigaray, Amo a te, Bollati Boringhieri.

La cultura che assegna alla donna tale destino è altrettanto spietata con l'uomo giocato in un ruolo sì di dominatore ma all'interno di comportamenti tipizzati. L'identità dell'individuo è tale solo se rientra in categorie di appartenenza chiare e definite con le quali deve confrontarsi continuamente per non rischiare l'emarginazione, l'esclusione, l'abbandono. Secondo Seidler "Si direbbe che esistessimo solo nelle nostre decisioni, giudicandoci e valutandoci costantemente sul metro della correttezza delle decisioni prese. La nostra vita diventa una serie di decisioni e di progetti distinti. In questo modo ci sentiamo a posto con noi stessi, incapaci di dare significato e importanza ai nostri rapporti, alle emozioni e ai desideri. Ci abituiamo a tal punto a non dare credito ai nostri sentimenti ai desideri per fare la cosa «giusta», che siamo a malapena consci di quanto tutto ciò ci estranei da noi stessi". Nella sfera sessuale ad esempio l'uomo è in genere ammirato in base al successo, alle conquiste, alla potenza del suo agire; nell'ambito del lavoro dal grado gerarchico raggiunto, dal valore del reddito acquisito, dal potere gestito, dalla capacità di risoluzione di problemi (indipendentemente dal senso degli stessi), dalla capacità di convincimento sugli altri (indipendentemente dalla consapevolezza dei motivi cui lì pieghiamo vincendo) ecc; in ambito scolastico è sorvegliato e misurato nel grado di acquisizione di cultura data dall'esterno. Ma la misura esteriore sgretola l'individuo ne frantuma la visibilità; l'uomo rimane nascosto a sé e agli altri continuamente adeguandosi a comportamenti di conferma della sua identità che lo collocano via via che cresce, in un luogo sempre più esterno, esteriore, estremo, meno intimo, fino alla completa invisibilità; finché non è più in grado di percepirsi e percepire se non dentro il velo opaco della ragione o del linguaggio. Dice Seidler: "Così gli uomini diventano stranamente invisibili a se stessi. Diventano del tutto estraniati dagli aspetti personali della loro esperienza, dato che imparano a pensarsi nei termini degli standard neutrali della ragione. Il femminismo ha mostrato come le donne siano state rese invisibili nell'ambito pubblico, una teoria della mascolinità deve ora mostrare come gli uomini siano stati resi invisibili a se stessi".

Seidler sostiene che questa ferita, l'invisibilità dell'uomo, sia continuata anche internamente alla cultura di sinistra4, che d'altronde, mostra Foucault, si sviluppa all'interno dello stesso pensiero razionale, scientifico e illuministico5 seppure non speculativo poiché orientato verso la materia anziché le idee pure. Anche qui si consuma il destino dell'individuo che diviene fantasma dietro fantasmi6: borghese, proletario, operaio, quindi visibile solo grazie alla sua classe sociale di appartenenza.

I movimenti di sinistra, al cui interno Seidler agiva negli anni sessanta e settanta, procedevano anch'essi alla marchiatura del gregge per consentire al singolo visibilità. Ad esempio i problemi individuali non erano considerati dal pensiero di sinistra giacché li riteneva effetto di un fatto sociale che una volta risolto avrebbe consentito piena possibilità di azione al singolo. Ma come agire se di fatto un velo opaco non permette neanche di sapere chi si è? Forse per questo si ricercava una via di maggior consapevolezza all'interno dei movimenti di avanguardia. L'esperienza di vita nelle comuni, nei gruppi di autocoscienza e gli sviluppi in ambito psicoanalitico impressi da Reich e Lowen evidenziarono le particolari difficoltà di relazione di ciascuno con il proprio corpo. D'altronde, proprio in quegli anni si gira a vuoto intorno a un problema che diventa centrale per la sinistra e i movimenti femministi7, la sessualità. Una sessualità improvvisamente libera promossa come riacquisizione da parte del genere femminile del corpo che sentiva ferito e sottratto: l'Arcangelo Gabriele comunica a Maria che lei è la prescelta per generare il figlio di Dio ma non le chiede se è d'accordo. I cambiamenti provocati nella relazione tra uomo e donna sono vissuti con grande difficoltà dai maschi anche di sinistra, che pur condividendoli razionalmente8, nella pratica della libertà sessuale sentono scalfita profondamente la propria identità, per Seidler: "Il sesso è il modo in cui proviamo la nostra mascolinità; è il momento in cui ci sentiamo al sicuro dalle sfide degli altri. Così le nostre relazioni sessuali diventano un'arena nella quale diamo prova di noi stessi." Non si può nascondere che nella sessualità si gioca tutto il potere dell'uomo che indebolito da una compagna non più disponibile perde un riferimento fondamentale ai propri sentimenti: la dipendenza emotiva dell'uomo dalla donna certifica la mancanza di autonomia e di espressione della propria intimità. Questo perché non è possibile trovare stessa accoglienza, modalità comunicativa, capacità di relazione, intimità nel rapporto con altri uomini. Il linguaggio maschile scarsamente dotato di capacità relazionale è gerarchico, comunicativo, informazionale, è luogo in cui si esercita il potere al contrario di quello femminile9. Quindi è come se improvvisamente l'uomo, abbandonato dalla certezza di essere curato e accudito, venisse disarcionato e divelto dal femminile che con un balzo lo sorpassa, lasciandolo solo senza più certezze per l'espressione di valori di accoglienza, affetto, accudimento che finora, doverosamente, gli erano stati riservati dalla donna. Quante volte è capitato a noi maschi di sentirci esortare dalle nostre compagne a parlare per noi e non per gli altri e trovare difficile anche capire il senso di quell'invito. Nel discorso gli uomini hanno voce universale e se stimolati a parlare per sé trovano difficile esprimere ciò che sentono intimamente; abituati a spiegarsi per conto di tutti impediscono all'io emotivo di crescere e maturare rimanendo sotto questo profilo fragili, immaturi, spaventati incapaci di esprimersi e timorosi di indebolire, forse, l'identità, di non essere all'altezza di ciò che è stato loro insegnato, di non essere adeguati, di non avere sufficienti mezzi, insomma, di essere deboli e perdere il controllo della situazione, di cadere in balia di forze esterne alla ragione di cui temono gli effetti e il potere. La mancanza di linguaggio emotivo nell'uomo se incalzato a esporsi ne provocano la vulnerabilità e a volte reazioni rabbiose e violente a protezione di una stabilità inconsistente.

L'oppressione della ragione sui sentimenti diviene evidente quando questi ultimi prendono il sopravvento e causano la perdita del lume della ragione, quanto spesso persa nel nostro secolo, allora sembra che la bestia che si era cercato di rinchiudere dentro la gabbia della razionalità finalmente libera esprima quella parte più oscura dell'anima che si credeva vinta. Avviene che i cani nati per essere addestrati contro l'uomo si tengano legati ad una catena più corta possibile, per lungo tempo; l'autocontrollo che esercitiamo è forse come quella rovinosa catena che trae dall'indole pacifica di un cane tutta la sua aggressività10. Reich, prima, e Lowen, poi, si contrappongono alla ipotesi formulata da Freud nel 1920 che esiste anche l'istinto di morte sostenendo che in verità è la vitalità del corpo che si riduce in seguito al controllo e all'oppressione sistematicamente esercitate su di noi da tutti i livelli che costituiscono l'organizzazione del vivere sociale, lì forse è l'origine delle patologie psichiche che contraddistinguono la nostra epoca, noi ci ammaliamo perché ammalato è il sistema in cui nasciamo, d'altronde dice Levinas in Nomi propri: "L'uomo è in situazione già prima di essere situato".

Il controllo dell'uomo esercitato come dominio sia di sé che del genere femminile prevede che l'uguaglianza delle donne ammessa in ambito liberale sia solo quella che gli uomini ritengono di consentire. Come quando il gentiluomo cede il passo alle donne e ai bambini, appunto lo cede cioè permette, ne è consapevole, dimostrando in realtà solo il suo potere. Infatti ben difficilmente la donna, dopo che è entrata in competizione con l'uomo nel mondo del lavoro, riesce a trovare collaborazione con il proprio partner e una più equa condivisione dei lavori all'interno della famiglia. Per l'uomo alcune attività rimangono tipicamente femminili, evidentemente tali se compiute da umiliarlo sminuendone l'identità. Fare il bucato, stirare, spolverare, lucidare, curare i figli ecc. sono compiti tipizzati per le donne: d'altronde, esse hanno in tale direzione una attenzione al risultato, allenate da millenni di lavori domestici, tale per cui quando a siffatte attività si dedica, per sbaglio, un uomo, spesso viene definito maldestro: la sensazione è che nella casa la donna usa un potere femminile cui è stata esercitata sin da bambina, che subdolamente le fa credere di tenere sotto controllo la situazione tramite l'opera con cui struttura l'organizzazione familiare rendendo centrale e necessaria la sua presenza.

Ma problematico oggi diventa sopratutto il linguaggio adottato come strumento dalla comunicazione trasmissiva di saperi, informazioni, pubblicità amplificati nei loro effetti dai giornali, dalla TV e all'orizzonte da scenari in cui tecnologie più potenti e pervasive diffuse come tele di ragno costituiranno reti multimediali in tutti i luoghi, dal centro dove è il potere alla periferia. Per ora la direzione comunicativa è univoca e la massa (uomini e donne) sono sempre più sospinti negli omili11 dove al caldo riposano gli armenti; la cultura oggi produce segni la cui direzione è in un solo senso: dal capo al branco, altro che individualità della cultura liberale e borghe­se.

Wittgenstein nella sua opera, in particolare negli ultimi lavori, si contrappone alla concezione del linguaggio come è progettata da Cartesio fino allo strutturalismo e al poststrutturalismo: in termini attuali non crede l'esperienza possibile solo per mezzo del linguaggio e decostruibile tramite esso. Wittgenstein osserva come apprendiamo a parlare e osserva che "il bambino non impara che esistono libri, che esistono sedie ecc. ecc., ma impara ad andare a prendere libri, a sedersi su sedie, ecc". Il linguaggio si sviluppa da queste attività e le amplia. Per Wittgenstein "la forma primitiva del gioco linguistico è la certezza, non l'incertezza. Perché l'incertezza non condurrebbe mai all'azione. La forma di base del gioco deve essere una forma nella quale agiamo", aggiunge quindi: "il linguaggio non è venuto fuori da un ragionamento", Della certezza, Einaudi. Questa visione è molto più vicina alla concezione di Spinoza che a quella di Cartesio e Kant; sovverte la scissione tra ciò che è naturale-istintivo e quanto è culturale-linguistico e superato tale dualismo riconduce il secondo all'interno del primo.

Per Wittgenstein: "L'origine e la forma primitiva del gioco linguistico è una reazione: solo sulla base di questa possono crescere le forme più complicate. Il linguaggio-direi-è un raffinamento, «in principio era l'azione»", Pensieri, Adelphi. Il gioco linguistico per Wittgenstein non è, come molti hanno interpretato, un fenomeno linguistico, ma il fondamento dove la certezza dà luogo al linguaggio. Un bambino reagisce a uno spintone non in seguito al ragionamento mi ha fatto cadere ora gli faccio vedere, ma lo fa come un gatto che provocato reagisce graffiando, qui inizia il gioco linguistico, il linguaggio non sta prima della reazione, agire è quindi istintivo, senza mediazione linguistica, dopo l'elaborazione del linguaggio fa sì che non graffiamo come un gatto ma in modo più complesso. Il linguaggio così può essere ricondotto a una concezione in cui non è più strumento ma arto, non più quindi velo opaco che si frappone tra esperienza e mondo.

Se così è, le conclusioni sono: a) la pretesa della mascolinità di essere sovrana della ragione e per questo l'uomo situato in un gradino più elevato della scala evolutiva confronto alla donna è assolutamente priva di senso giacché la ratio non è più il solo luogo della conoscenza; b) l'uomo ha limitato se stesso con la distinzione istinto-natura/cultura-linguaggio vivendo il senso di sé solo nel secondo terreno anzi pavimento. "Offrendosi tutt'intera, la rosa non avrebbe altro perché che il fiorire. Essa si proporrebbe alla vista senza sorvegliare i suoi effetti. Senza sguardo furtivo e interessato su quanto essa presenta o rappresenta. Senza attenzione al mondo che la circonda. Cosa che non potrebbero fare gli uomini per rimanere nel loro essere? Il loro destino esigerebbe che essi osservino incessantemente ciò che li forma, informa, circonda. Che essi siano incessantemente alla ricerca di ragioni, anche a proposito della rosa e del suo segreto...Essa non ne avrebbe bisogno, la sua necessità essendo quella di fiorire." Luce Irigaray, L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri.



1I Il cadavere di un condannato a morte è stato tagliato in sottili veli di carne che scannerizzati e acquisiti da un computer in modo digitale ne hanno ricostruito il corpo virtuale.
2"Io ti comando che l'essere è".
3Vedi "L'oblio dell'aria" di Luce Irigaray.
4Non è il singolo individuo borghese centro della soggettività per Marx ma la classe, la storia è storia della lotta di classe.
5Basta ricordare la gara per il dominio tra Impero Sovietico e America che passava dalle conquiste tecniche più pericolose a quelle più prestigiose ad esempio in campo nucleare e nella conquista del cosmo.
6come non ricordare l'Unico di Karl Stirner o il manifesto di Marx e Engels che inizia dicendo Uno spettro si aggira per l'Europa.
7Dice S. "Dalla politica sessuale degli anni 60 non derivò quasi nessuna teoria morale, né tantomeno nessuna chiara comprensione della morale sessuale, identificata semplicemente con i valori vittoriani della restrizione sociale".
8Ad esempio i rapporti esclusivi e possessivi alimentavano sentimenti di gelosia che non si riteneva naturale ma frutto della morale borghese.
9Vedi di Debora Tannen "Perché non mi capisci?"
10E' inutile ricordare che il capitolo di spesa più cospicuo, nel mondo, è quello investito nell'industria bellica.
11Termine coniato da Dolci nel suo "Dal trasmettere al comunicare".



Franco Insalaco

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